1. LA POJATA
Murale dipinto da Cesco Magnolato nel 1982
Cesco Magnolato è nato a Noventa di Piave nel 1926. Oltre che pittore è incisore. Nel 1954 vince il primo premio per la grafica alla XXVI Biennale di Venezia e le sue opere sono esposte al Victoria and Albert Museum di Londra, al Museo delle Belle Arti “Puskin” a Mosca, presso le “Collezioni Accademia di Belle Arti” a Berlino, nella Galleria d’Arte dell’Accademia e a Lugano.
Nel murale che ci presenta, viene illustrata l’attività di produzione del carbone vegetale, indispensabile per il funzionamento delle fucine di Cibiana.
Le miniere di ferro del territorio erano tra le più ricche del nord Italia, hanno rappresentato uno dei capisaldi dell’accordo tra la Serenissima Repubblica di Venezia e il Cadore del 1420 e sono state sfruttate fino alla prima metà del 1900.
Il materiale estratto dava lavoro ad una florida industria del ferro che, alla fine del 1800, contava a Cibiana 51 officine artigianali che, per funzionare, avevano bisogno di molto carbone. Esso era ottenuto attraverso la combustione della legna raccolta in enormi cataste che bruciando ad altissime temperature si trasformava in carbone, chiamate in dialetto le pojate.
La poiata veniva preparata nel bosco là dove si reperiva la legna. Quando era pronta sembrava una piccola montagna. Al centro veniva acceso il fuoco che poi veniva alimentato costantemente con nuova legna.
La combustione della legna continuava per 10/12 giorni e i carbonai dovevano vegliare continuamente il processo poiché, se la legna si fosse incendiata, anziché carbone sarebbe rimasta solo cenere. La combustione veniva controllata aprendo e chiudendo delle apertura poste alla base della catasta, indirizzando così il calore dove necessitava.
Il murale ci trasmette quanto frenetico potesse essere il lavoro intorno alla pojata. I tratti rapidi esprimono la determinazione di portare a compimento un lavoro faticoso e delicato ma essenziale per il benessere della comunità.
Le figure poco dettagliate, l’assenza di colori in diverse parti del dipinto, i dettagli appena accennati rendono lo spettatore partecipe della rapidità di azione necessaria a governare questo processo e si riesce a percepire quanto questo lavoro fosse concitato.
L’osservatore viene catapultato nella scena grazie al modo in cui il pittore riesce a mostrare con pochi tratti, non tanto ciò che vedrebbe l’occhio umano osservando una foto dell’attività, ma piuttosto quello che ne percepirebbe se fosse presente.
Terminato il procedimento, il carbone veniva caricato nelle ceste, che potevano pesare anche più di 50 chili e portate sulle spalle fino alle fucine per la lavorazione del ferro, che si trovavano nelle contrade del paese.
Il pericolo di innescare incendi era sempre presente in queste attività e ci sono due murales che ce lo ricordano. Riccardo Nesi nel 1994 ha dipinto Incendio a Pianezze nel punto esatto in cui il fuoco si fermò il 3 agosto 1852 mentre a Cibiana di sotto nel 1987 il pittore spagnolo Agustin Espanol Vinas ha raccontato l’incendio della contrada avvenuto 10 anni prima.